Dasein Journal Issue 6
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Prof. Ferdinando Brancaleone

Ferdinando Brancaleone

Docente, Psicoterapeuta, Antropologo esistenziale. Visiting Professor presso Università Europea (Roma) e Ateneo Pontificio "Regina Apostolorum" (Roma). Direttore Scientifico ISUE (Istituto di Scienze Umane ed Esistenziali) di Napoli
( ISUE.it )

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Issue 7, Marzo, 2018

ARTICOLI • ARTICLES


Antropologia neo-esistenziale:
tra Filosofia, Psicologia, Clinica e Ricerca

Ferdinando Brancaleone, Dasein Journal 7, p. 126-138
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Abstract

L’Antropologia neo-Esistenziale affonda le sue radici nella Filosofia dell’Esistenza e nella Psicologia Comprensiva del primo 900. Ha sviluppato un interesse specifico per la Psicopatologia Fenomenologica (K. Jaspers) e per Clinica (Existenzanalyse, Daseinsanalyse). A partire dagli anni ‘80 del ‘900, si è interessata specificamente del linguaggio (Pragmatica della comunicazione) ed ha proposto innovative metodiche comunicative, fondate sui presupposti della “Psicolinguistica Generativo Trasformazionale” di N. Chomsky (Logoanalisi Coscienziale e Logodinamica Subliminale). Ha coltivato e approfondito studi e ricerche riguardanti gli “stati di coscienza noetico-esistentivi” ed elaborato e proposto la “Teoria dell’Alternanza Mentale”. Negli ultimi decenni ha coltivato particolarmente la Ricerca, finalizzata a collegare le implicazioni delle “scienze di frontiera” con la prospettiva filosofico-esistenziale. Specialmente attraverso il “Centro di Ricerche Noetiche” (CRN) e l’Istituto Superiore di Antropologia Clinica (ISAC) lo studio, la ricerca e l’evoluzione dell’Antropologia neo-Esistenziale si sta incrementando e diffondendo, in collaborazione con Istituti, Università ed Enti nazionali ed internazionali.

Parole chiave

filosofia dell’esistenza - antropologia clinica – psicolinguistica generativa – scienze di confine

L’Antropologia neo-Esistenziale si interessa dell’Uomo-in-quanto-Singolo. Della umanità dell’uomo prende in considerazione la specificità della assoluta singolarità e non-riducibilità (e, quindi, della incomparabilità, unicità e peculiarità). Si pone dall’angolo visuale dell’esistenza piuttosto che dell’essenza. Non nega o contesta l’essenza dell’uomo, ma la considera realizzata (compiuta: portata-a-termine) attraverso i singoli-atti-esistentivi.

La sua essenza, il Singolo (in quanto tale) la realizza attraverso il proprio-specifico-esistere.

Ed il suo esistere (ex-sistere) non può che essere (appunto) “suo”; ossia unico, irripetibile, incomparabile, irriducibile.



Certo, l’uomo (in quanto membro-di-una-specie ed inserito nel processo-biologico-evolutivo), attraverso il proprio vivere (esistenza biologica) si trova “subordinato-alla-specie”: ne realizza ed attua (assieme-a-tutti-gli-altri-uomini) le spinte essenziali.
Da questa angolazione, la specie è “superiore” (meta-posizione) rispetto al singolo-individuo-uomo (sub-ordinazione). Il Singolo (i singoli membri), risultano (solamente) “mezzi” per la progressiva-evolutiva attuazione della “essenza-della-specie”. Con tutto quello che ne consegue (il “prezzo”, spesso atroce, da pagare nell’essere-gettati-nella-vita)!

Nel 1938, Karl Jaspers scrisse un saggio dal titolo emblematico “Existenzphilosophie” (“Filosofia dell’Esistenza”). Ma già nel 1913 (certamente “influenzato” dalla Fenomenologia e mentre era docente di Psicologia presso l’Università di Heidelberg) aveva pubblicato i due volumi della sua “Allgemeine Psychopathologie” (Psicopatologia Generale). Libro “epocale” (come lo definisce U. Galimberti)!
Testo che determinerà un radicale mutamento nel modo di intendere e “leggere” il disagio psichico dell’uomo (fino alla “follia”). Del disagio esistentivo (e della “patologia-psichica”), le “cause” sono da ricercare, per Jaspers, non solo (e non tanto) nella “genericità dell’organismo”, quanto piuttosto nel “senso” che il singolo individuo annette al suo esistere (e, all’interno del suo esistere, al suo sempre “singolare” e “incomparabile” soffrire).

Un “senso” che (come afferma ancora Galimberti) si sottrae all’ordine scientifico della “spiegazione” (Erklären), ma che è percepibile solo attraverso l’ordine ermeneutico della “comprensione” (Verstehen).

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