Dasein Journal Issue 7
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Prof. Nicolò TERMINIO

Nicolò TERMINIO

Psicologo-psicoterapeuta e dottore di ricerca in “Ricerche e metodologie avanzate in Psicoterapia”
( www.nicoloterminio.it)

Dasein Journal
Dasein Journal - All Numbers     

Issue 7, Marzo, 2018

ARTICOLI • ARTICLES


Tempo, conoscenza e dispositivo.
Una matrice filosofica per la psicologia

Nicolò Terminio, Dasein Journal 7, p. 139-152
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Abstract

Tempo, conoscenza e dispositivo sono tre parole chiave per intendere la matrice filosofica della psicologia. In particolar modo quando la ricerca psicologica e la pratica clinica si accostano al tema della costituzione della soggettività umana, che è il problema filosofico per eccellenza.
Questo contributo si focalizza su alcuni aspetti antropologici che sono messi in risalto dalla prospettiva clinica della psicoanalisi e della psicopatologia fenomenologica.

L'obiettivo finale è quello di mostrare la prossimità del gesto filosofico e dell'intervento clinico.

Parole chiave

filosofia - psicopatologia fenomenologica – psicoanalisi - tempo

Tre scene

Per individuare la matrice filosofica della psicologia proviamo a immaginare tre scene. Prima scena: uno psicoanalista ascolta un paziente che dal lettino gli sta parlando della propria vita. Altra scena: uno psicoterapeuta prende la parola durante una riunione d’équipe nella comunità dove lavora come responsabile clinico. E infine, uno psicologo si trova in una scuola per un incontro dedicato al tema dell’educazione affettiva e sessuale. Si tratta di tre riferimenti alla mia pratica professionale e in ognuno di essi la filosofia è una mia compagna di viaggio.
È ovviamente un viaggio poco sofisticato perché non sono un professionista degli studi filosofici, potrei piuttosto definirmi un lettore amatoriale oppure ancora un amante della filosofia perché come ogni amante posso offrire soltanto la mia mancanza. Forse esagerando un po’, potrei riassumere il mio rapporto con la filosofia con una dichiarazione d’amore: “io manco di te”, con te scopro qualcosa di me che è al di là di me.



La mia passione per alcuni libri di filosofia scaturisce dunque dal desiderio di rintracciare alcuni elementi decisivi per la mia pratica clinica e sociale.
L’incontro con la filosofia apre infatti la possibilità di pensare i presupposti impensati del mio incedere in campo psicologico. In questo tragitto tempo, conoscenza e dispositivo sono tre parole chiave che collegano alcune mie riflessioni sui presupposti del lavoro dello psicologo.

L’esercizio filosofico si nutre del coraggio e del desiderio di entrare in relazione con quel qualcosa da cui ci proteggiamo con quelle forme di sapere che sono già stabilite. La filosofia introduce una perturbazione nell’ordine prestabilito cercando di mettere in luce quel lato tenebroso dell’esistenza da cui ci teniamo al riparo. Nella parete troppo levigata della nostra realtà l’agire filosofico mira a far riemergere le crepe di un reale scabroso che scompagina le certezze acquisite. Il gesto filosofico è quanto di più lontano possiamo immaginare da ogni forma di catalogazione del sapere, è semmai un “atto di coraggio con cui si lacera l’ombrello protettivo e ci si espone alla caduta libera degli eventi”.

Il cuore dell’esercizio filosofico consiste nel modo di esplorare e dare forma al sapere, il fine non è produrre certi contenuti utili per il raggiungimento di determinati obiettivi, ma cercare di cogliere attraverso figure flessibili l’evento dell’accadere, dell’accadere dell’umanità dell’uomo.

La psicosi e l’atto della significazione

Nella tradizione fenomenologica in psicopatologia molti clinici si sono costantemente riferiti al sapere filosofico perché essendo impegnati nell’incontro quotidiano con pazienti psicotici si confrontavano in prima persona con il dilemma della costituzione della soggettività. La clinica della psicosi ci mostra infatti ciò che ci rende umani nel momento del suo dissolvimento.

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